domenica 8 ottobre 2017

Tra vasche, piscine e cunicoli misteriosi... Piscinola: un equilibrio tra terra e acqua! (parte prima)


Il toponimo di un luogo ha quasi sempre origini incerte e misteriose, che si perdono nella notte dei tempi; spesso è legato alla sua fondazione o a qualcosa di notabile presente o al nome di una famosa famiglia residente oppure a una pratica o usanza svolta. Il toponimo di un luogo è un dato essenziale della storia di una comunità, perché diventa l’emblema e il simbolo nel quale si identificano nei secoli i suoi abitanti, che poi, come si sa, finiscono per assumere indirettamente l'identificazione, come napoletani per Napoli, cumani per Cuma, aversani per Aversa, ecc. 
Analizziamo in questo post la storia del toponimo del territorio che più da vicino ci riguarda: Piscinola.
Sviluppo dell'acquedotto Augusteo
L’etimologia di Piscinola deriva certamente dal termine idraulico “Piscinula”, che si riferisce a “piscina” o “vasca”, forse in riferimento ad una struttura idraulica, che era presente nell’antichità nei pressi del primitivo insediamento abitativo.
Nonostante il chiarissimo riferimento all’acqua, ancora del tutto oscure e incerte sono l’ubicazione e le funzioni di tale vasca o vasche. Tre sono le ipotesi avanzate fino ad oggi dagli storici: forse serbatoio di raccolta delle acque per un sistema di irrigazione dei campi o di una cisterna ad uso degli abitanti, oppure elemento appartenente ad un complesso sistema idraulico o di bonifica.
La mappa del littorale di Napoli, di Antonio Rizzi Zannoni, 1793
A quanto pare le vasche erano due; c’era una vasca più piccola e antica, chiamata “Piscinella”, situata presso la zona di ubicazione delle masserie “Filanda”, “Teverola” e “Perillo”; da cui forse derivò l’etimologia della località chiamata “Piscinella”; ed un’altra vasca, posta più a sud e più grande della prima, che fu sicuramente di costruzione successiva.
Risulta verosimile pensare che, vista la ridotta capacità di stoccaggio della vasca primitiva, nascesse la necessità nei primi abitanti di costruire una seconda struttura più grande, per far fronte all’accresciuto fabbisogno derivante dall’aumento demografico, ma anche per impiantare un nuovo insediamento sul territorio che, in relazione alla nuova opera, probabilmente ne assunse la denominazione e fu chiamato, appunto, Piscinola.
La mappa del littorale di Napoli, di Antonio Rizzi Zannoni, particolare

A causa della posizione orografica di Piscinola e del suo circondario (mediamente circa 130 metri sul livello del mare), essa non può essere stata alimentata in antichità direttamente dall'Acquedotto del Serino, che fu una grandiosa opera romana costruita in epoca Augustea (30 dicembre 10 a.C.), perché attraversava la collina di Capodimonte più a valle, a un livello inferiore. Chiamato anche Fontis Augustei Aquaeductum), con i suoi 160 km circa (considerando anche le diramazioni), viene considerato il più lungo acquedotto romano costruito fino al V secolo d.C. 
Piscinola, vista aerea, foto anno 1943
Prima di immettersi nella città di Napoli, l'acquedotto attraversava le località di Acerra, Casoria e San Pietro a Patierno, mentre ad Afragola (il cui toponimo è un chiaro riferimento all'opera idraulica (Afraore o Afraolla), era derivata una "bretella", che alimentava la città di Atella, fino a raggiungere un invaso nella località di Lusciano. Nei pressi di Capodichino, l'acquedotto emergeva con le tipiche arcate di mattoni rossi, i cui resti sono ancora oggi visibili (Ponti Rossi).
Ponti Rossi, in una mappa ottocentesca
Lungo il percorso l’acquedotto alimentava importanti centri romani, tra cui Pompei, Ercolano e Nola, mentre a ovest di Napoli, riforniva le città di Pozzuoli, Baia, Cuma e Miseno, sede della flotta (Piscina Mirabilis).
Considerata la particolare struttura orografica del territorio di Piscinola, è certo che nei secoli si sono formati dei canali di scolo che hanno permesso il defluire delle acque meteoriche provenienti dalle alture delle colline circostanti. Spesso, in coincidenza di eventi piovosi eccezionali, si formavano le cosiddette “lave”, ossia torrenti impetuosi, che trasportavano verso il territorio di Piscinola e verso altri territori adiacenti, acqua mista a gran quantità di fango e di altri sedimenti.
Nell’anno 1877, ad esempio, si ebbe un evento piovoso così catastrofico al punto che molti Comuni a nord di Napoli, come quello di Giugliano, dovettero chiedere aiuto al Parlamento Italiano. 
In un altro documento (regio decreto n. 4538 del 17 marzo 1838), viene disciplinato l'acquisto da parte di un privato dei detriti fini, tipo sabbia (detta lava), che l'acqua erodendo trasportava attraverso Chiaiano e Piscinola ed era accumulata in alcuni punti del territorio di Melito. Questi tipi di inerti venivano impiegati per realizzare intonaci e altre opere edili.
L’acqua meteorica, con il suo scorrere in maniera impetuosa, ha quindi eroso nel corso dei secoli il territorio, realizzando dei veri e propri canali con sponde di terreno in rilevato, i cui letti sono poi diventati le strade attuali. Queste strade, proprio per la loro conformazione, sono indicate ancora oggi con il termine di “cupe”, forse perché sulle due sponde erano piantate alberi dalle poderose chiome (come noci, nocelle), che sopraelevandone lo sviluppo, ne rendevano il percorso buio e quindi cupo, anche di giorno. Alcune delle primitive “cupe”, anche se sono state urbanizzate nel corso dell’ultimo secolo, conservano ancora alcune tracce orografiche originali ben identificabili, come: Via Vecchia Miano, Vico II V. Veneto (ora Via Giorgio Amendola), Via SS. Salvatore, Via V. Emanuele, Via Napoli e Via Madonna delle Grazie.
Ponti Rossi, in un dipinto ottocentesco
In alcuni punti di Piscinola, come in Via Cupa Acquarola e l’attuale Via Zuccarini, l’acqua meteorica si raccoglieva formando pozzanghere e stagni, tanto che, oltre a essere utilizzata per irrigare i campi, veniva in parte convogliata per alimentare un lavatoio pubblico. 
Quest’opera idraulica risulterebbe realizzata in Via Cupa Acquarola nei primi anni del 1900 e doveva comprendere circa una quarantina di postazioni per lavare i panni.
Della presenza di questi acquitrini, spesso invasi da fitti canneti, si hanno notizie già a partire dal Medioevo; infatti nelle cronache dell’epoca si trovano citazioni ricorrenti sull’esistenza di numerosi canneti che erano presenti intorno ai villaggi di Piscinola, di Marano, di Mugnano e di Chiaiano. Anche l'antico locus di "Sanctis Sossii at Cannitum" (Cannito), che leggiamo nei documenti medioevali, è sicuramente derivato dalla particolare morfologia del luogo, ancora oggi chiamato Cannito, situato tra Piscinola e Mugnano, che doveva essere a quei tempi acquitrinoso e coperto densamente da canne.
Nel libro Indicazioni del più rimarcabile in Napoli e contorni - Nuova edizione …edito nel 1835, l’autore, Andrea de Jorio, esaminando i ruderi dei Ponti Rossi, che da tutti erano attribuiti all’Acquedotto “Claudium”  (sic!); condotta collegante le sorgenti del Serino a Baia, fino ad alimentare la Piscina Mirabilis), mostra delle forti perplessità circa l’esatta attribuzione di quelle vestigia e invita ad eseguire ulteriori approfondimenti archeologici.
Ponti Rossi, in una mappa ottocentesca
Ecco il testo: “[…] Come questo sospetto porterebbe l’idea di altri condotti superiori di livello a quello dei Ponti Rossi e ai quali l’acqua si sarebbe immessa in quella della grotta di Pozzuoli e da questo in altri, cosi come si dovrebbe esaminare tanti ruderi di simile natura che esistono a Piscinola, sopra Capo di Monte e nelle alture di Pianura, tutti di un livello assai elevato di quello di Ponti Rossi […]”.
Questo libro fornisce due preziose informazioni che riguardano da vicino Piscinola: la prima pone seri dubbi sul percorso ipotizzato dall’acquedotto “Augusteo”, invitando a verificare altri percorsi verso Piscinola e Pianura; mentre, con la seconda informazione fornisce una testimonianza significativa, circa la presenza a Piscinola di ruderi e resti di opere idrauliche assimilabili ad un acquedotto. 
Ponti Rossi, in una mappa ottocentesca
Considerando, poi, la presenza nell’antico territorio di Atella di una vasca di raccolta delle acque convogliate da una ramificazione dell’acquedotto Augusteo, che si diramava nella nostra zona, potrebbe esserci una possibile correlazione tra quest’opera e le vasche ed i condotti sotterranei edificati a Piscinola ed a “Piscinella”.
Tutti questi indizi potrebbero essere la chiave di lettura che spiegherebbe univocamente l’origine del toponimo di Piscinola e la presenza di quelle infrastrutture misteriose che vedremo nella seconda parte di questo post.
Agli archeologi ed agli speleologi l’arduo compito di reperire indizi e prove documentarie, che potranno avvalorare o smentire queste nuove ipotesi.                                     (segue nella seconda parte)
Salvatore Fioretto

Gran parte del contenuto del presente post è stato tratto dal libro: "Piscinola, la terra del Salvatore, una terra, la sua gente, le sue tradizioni", di S. Fioretto, ed. The Boopen, 2010.


sabato 17 giugno 2017

"Cerasiello e Palummiello, quando l'amore puro travalica la natura dell'essere"


Forse è la prima volta che racconto una storia che mi appartiene, perché legata alle vicende della mia famiglia. Una storia genuina, fatta di uomini semplici, come sono stati nel tempo tutti i suoi componenti, discendenti da antica generazione piscinolese, e tutti amorevolmente legati al culto arcaico della "madre terra"; terra che natura ha fatto qui dono speciale e generoso agli uomini, per la feracità delle sue essenze e produzioni.
Fiori rosa di pesco e giallo di rape durante la primavera nella campagna di "Abbascio Miano", sullo sfondo la masseria ridotta a rudere, foto fine anni '90 (S. Fioretto)
La nostra storia vede per protagonisti, tra gli altri, due cagnolini bianchi e con essi la loro "padroncina", una dolce anziana, rimasta vedova e ormai sola, che era mia nonna paterna, di nome Maria, da tutti conosciuta come "Mariuccia 'a Rossa" ("'a Rossa" era il soprannome piscinolese coniato per i componenti della sua famiglia, forse per il particolare colore ramato dei loro capelli). Una storia che ha il sapore di altri tempi, perché è ambientata in uno scenario bello e incantato, quale era una volta quel Abbascio Miano, di cui già in altre occasioni in questo blog abbiamo potuto narrare le vicende e l'umanità dei suoi abitanti.
La masseria "Marchesa di Rutigliano" di Abbascio Miano, in una mappa dell'800
Una tortuosa e polverosa stradina di campagna, caratterizzata da una vegetazione fitta e lussureggiante: strada costellata da antiche masserie e da tenimenti agricoli, che nei secoli erano appartenuti a conventi cittadini o a nobili aristocratici.
Nel nostro caso l'antica masseria di Abbascio Miano, della quale narreremo alcune vicende, ricordata per il suo gigantesco arco a mo' di maniero fortificato, era appartenuta, secondo un racconto quasi leggendario, tramandato di padre in figlio, alla Marchesa di Rutigliano, discendente di una nobile famiglia napoletana di antico lignaggio, la quale, purtroppo, avrebbe terminato la sua esistenza proprio nel tenimento di Abbascio Miano, nel momento in cui il popolo inneggiava l'arrivo delle truppe francesi, che attraversavano le nostre terre per entrare in città. Ella, presa dallo spavento e dal panico, non esitò, in quel frangente concitato, a lanciarsi dalla finestra della camera che stava sull'entrata principale, pur di non cadere nelle mani del boia francese! Non sappiamo però in quale invasione francese è ambientata questa storia...
Il famoso grande arco di ingresso della masseria (fotocomposizione di S. Fioretto)
I nonni comprarono una parte di questi beni, nell'anno 1925 e forse rappresentò uno dei pochi casi in cui dei semplici mezzadri riuscirono a riscattare, con duri sacrifici e privazioni, le terre e le proprietà dei loro padroni!! I penultimi proprietari erano stati dei ricchi possidenti napoletani; qualcuno ricorderà il loro nome stampigliato sulle lapidi di marmo che restarono affisse ai lati dell'ingresso della masseria, fino al momento della sua ingenerosa distruzione, avvenuta nell'anno 2002...
La nonna era di animo dolce e buono e amava la campagna e gli animali in maniera speciale; si racconta, ad esempio, che una volta una scrofa morì di parto e della "nidiata" si salvò solo un piccolo maialetto... Ella lo raccolse in un cestino ricolmo di lana e gli pose accanto una bottiglia di acqua calda, che provvedeva a cambiare ogni tanto, per poterlo riscaldare. Poi lo nutriva con del latte vaccino, contenuto in una bottiglietta di vetro terminante con un comune "ciucciotto" per bambini. 
Foto dei miei nonni, nella masseria di Abbascio Miano (tratta dal libro "Piscinola, la terra del Salvatore" di S. Fioretto)
Il maialetto riuscì quindi a sopravvivere e a fare una crescita regolare. Venne alimentato, poi, secondo l'antica usanza, con "pastoni" di avena, mais, patate e altri ortaggi e divenne molto grasso...
Il problema si presentò al momento della macellazione. La nonna avanzava sempre dei pretesti e delle scuse banali, per poter rinviare l'evento cruento: ora la mancanza di legna per l'acqua calda, ora delle incombenze improcrastinabili, da svolgere nei campi... Tanto si era affezionata alla bestiola che non avrebbe mai voluto vederla uccidere... Purtroppo venne il momento che non poté più arrancare scuse e dovette soccombere alla decisione presa. Furono notati in quel giorno dei rivoli di lacrime scorrere sul suo viso, che non riuscì a trattenere per la mesta malinconia...
Interno della masseria e la grande pietra vesuviana per lavorare il lino
Dopo la morte del nonno Salvatore, avvenuta nel 1956, la nonna restò sola a curare la famiglia, a dir poco numerosa. Trascorsero gli anni. Non sappiamo come avvenne, ma fu nei primi mesi dell'anno 1965, che due cucciolotti vennero affidati alle cure di nonna Mariuccia. Purtroppo non è dato nemmeno di sapere quale aneddoto o circostanza ispirò a far coniare i nomi ai due cuccioli, alquanto curiosi e poco comuni, di: Palummiello e Cerasiello.
Il primo fu chiamato così forse per il candore (colore bianco) del suo manto: perché il nome di Palummiello si riferirebbe al piumaggio bianco di un piccione (palummo). Per Cerasiello, forse non lo sapremo mai...  
Cerasiello e Palummiello crescevano in fretta, tra i tanti abitanti della masseria e, come tanti cuccioli, non disdegnavano di fare biricchinate, come l'inseguire polli che razzolavano allo stato brado nell'aia e nei cortili della masseria o disturbare gli animali nelle stalle.
Ma in fondo tutti li volevano bene. I due cucciolotti non mancavano di tenere compagnia la nonna, che di notte d'inverno li accoglieva nella sua stanza, al caldo. 
Foto di famiglia nella campagna di "Abbascio Miano" (dal libro "Piscinola, la terra del Salvatore", di S. Fioretto)
Divennero grandi, di taglia media, stavano sempre insieme, giocherellando e seguendo la nonna, mio padre e i miei zii, tra i campi e la masseria. Per loro il pericolo serio era rappresentato dai cani randagi o dai temibili cani pastori, guardiani dei greggi appartenuti ai famosi caprari; ossia a quegli arroganti pastori che, nella loro transumanza, sovente percorrevano le nostre zone, seguendo il tracciato della vecchia Piedimonte. Ma i due cani riuscivano a tenersi a debita distanza...
Purtroppo, verso la fine degli anni '60, anche la nostra campagna, situata al di là della linea della Piedimonte, fu espropriata per costruire il noto asse stradale. Fu l'inizio della fine di Abbascio Miano e di tutta Piscinola agricola, perché ben presto tutta la bella campagna chiamata lo Scampia (o anche Scampagnato), cedette il passo alla costruzione di tantissime case popolari, chiamate col nome di una legge: la "167"
La campagna di Abbascio Miano, poco prima della distruzione, primavera 2007
La nonna, come tanti anziani piscinolesi, ebbe molto a soffrire per questa perdita. Veniva loro sottratto con forza il frutto di tanti anni di sacrifici e di duro lavoro... Ebbe inizio il doloroso espianto... e ogni volta che portavano nella masseria dei fusti di alberi estirpati, per utilizzarli come legna da ardere, la si vedeva piangere sconsolata! 
Non sopravvisse al dolore... e forse per questo grande dispiacere un attacco cardiaco la colpì poche settimane dopo, la notte della Befana del 1971... Fu trovata la mattina seguente come addormentata nel suo letto. 
I due cani, che non l'avevano mai lasciata sola un istante, ebbero modo di mostrare fino all'ultimo, tra la meraviglia dei presenti, il loro affetto alla cara padroncina. Per tutto il periodo della veglia funebre, durato quasi due giorni, non ne vollero sapere di abbandonare la stanza da letto. Rimasero tutto il tempo sotto al letto funebre, senza mangiare e bere.
La campagna con il famoso pino, poco prima della distruzione, primavera 2007
I due cani rimasero così soli, ma restavano pur sempre le mascotte della masseria, e i miei zii continuavano ad accudire con affetto. Purtroppo presto quella premonizione ricorrente che aveva avuto in vita nonna Mariuccia si avverò, e un giorno il povero Cerasiello, mentre era nei pressi dei binari della Piedimonte, fu assalito e quasi sbranato dai feroci cani dei caprari. Il povero cane ebbe giusto la forza di ritornare per poter morire nella sua amata masseria, accanto al suo fratello Palummiello e a i suoi padroni.
Ricordo che fu proprio il caro Nduono e altri amici a seppellirlo in un luogo della campagna, vicino ai binari della Piedimonte
Insieme ad altri bambini della masseria, raccogliemmo dei fiori di campo per farli deporre sulla sua tomba.
Pioppi, viti e il famoso pino, primavera anno 2007
Altri anni passarono, e il povero Palummiello incominciò ad accusare gli anni della vecchiaia. Trascorreva giornate intere accovacciato fuori all'uscio della masseria o ai lati dell'aia, spesso sotto la carretta di Nduono, ma restava sempre assente e poco reattivo; non rispondeva più nemmeno alle mie chiamate e a stento muoveva un po' la coda, come segno di riconoscenza.
Forse la malinconia per le persone care perdute aveva preso il sopravvento nella sua mente. Questo lo dico perché anche gli animali dimostrano questi sentimenti come noi umani e l'ho potuto sperimentare anche in altre circostanze...
Intanto, dopo la scomparsa delle campagne, anche la cara ferrovia Piedimonte ci lasciava e in quel lontano febbraio 1976 compiva la sua ultima corsa, tra l'indifferenza di tutti! 
Il territorio di Piscinola divenne ancora più solo, triste e abbandonato a se stesso...!
Dopo pochi anni ci lasciò anche il povero Palummiello... Ricordo che venni a sapere della sua morte proprio da Nduono, mentre gli facevo presente che da un po' di tempo non vedevo il vecchio cane... Mi rattristò molto quella notizia: Palummiello era per me come una persona di famiglia.
Campagna di "Abbascio Miano", nella primavera dell'anno 1965 (Foto di Salvatore Fioretto)
Con la loro perdita finiva un periodo spensierato e felice della mia infanzia e, si può dire simbolicamente, di un'era della storia di Piscinola. Altri eventi infelici per il nostro quartiere erano all'orizzonte e il terremoto del novembre del 1980 segnò la definitiva metamorfosi di un territorio, che diventava ormai a tutti gli effetti una periferia amorfa, spogliato di tanti valori che avevano contraddistinto la sua storia secolare e la vita di tante generazioni di piscinolesi.
Assieme a questi bei ricordi, che mi piace oggi condividere in queste pagine del blog, conservo gelosamente questa cara foto, che mi ritrae quando avevo poco meno di un anno, abbracciato a uno dei due cani ancora cuccioli, nella bella campagna di Abbascio Miano, accanto alla cara nonna, Mariuccia 'a Rossa.
Salvatore Fioretto
  
(Tutti i diritti per la pubblicazione dei testi del blog sono riservati all'autore, ai sensi della legislazione vigente).

N.B.: Le foto riportate in questo post appartengono a delle collezioni private, è severamente vietata la loro diffusione e pubblicazione senza il consenso scritto dei proprietari.

domenica 28 maggio 2017

Termini e detti tipici della civiltà contadina nell'Area Nord di Napoli


Molte volte, nel parlato corrente di tutti i giorni, capita di confrontarci con persone e con amici e, sovente, con meraviglia, ci accorgiamo che alcune parole o termini, da noi adoperati, risultano sconosciuti dai nostri interlocutori, specie se essi sono originari del centro cittadino, di altre zone periferiche della città o anche della Provincia di Napoli. Senza avere la pretesa di svolgere una trattazione di glottologia o di etimologia, vogliamo nel presente post discorrere piacevolmente, illustrando alcuni termini che a nostro parere sono univoci della società antica, contadina in genere, con alcune particolarità che sembrano preesistenti e uniche dell'area a Nord di Napoli o addirittura dei quartieri di Piscinola, Marianella, Miano, Chiaiano e Secondigliano. Alcuni termini, poi, qui hanno un significato del tutto particolare rispetto alle altre zone vicine.
Moltissime parole appartengono alle pratiche contadine e alle attività un tempo svolte nelle masserie e nelle campagne, altre, invece, sono legate al mondo dei mestieri e delle attività artigianali. Sono termini e allocuzioni che nei secoli si sono evoluti, ma che forse sono originari dalla lingua greca, osco-latina oppure derivanti dall'italiano volgare. Non è da escludere influenze linguistiche apportate dalle varie dominazioni straniere, subite nei secoli dal nostro territorio, che, a differenza di altri luoghi, dove questi termini sono andati in disuso o sostituiti da altre parole, qui invece sono stati conservati e utilizzati nell'idioma corrente, almeno fino ad alcuni decenni fa.
Riporteremo i termini in dialetto e a lato la descrizione o il riferimento all'uso dell'oggetto o della pratica, che il termine identifica, per far comprendere al lettore il loro significato. 
L'elenco non ha la pretesa di essere esaustivo, anzi è solo una piccola dimostrazione della varietà dei termini presenti; essi sono esposti in modo casuale, senza seguire un ordine preciso, questo per non appesantire la trattazione e soprattutto per stimolare la curiosità del lettore...


Cincurenza:   Forcone a cinque punte, per raccogliere la paglia (da "cinche riente": cinque denti);
Sàrrecchia:    Piccola falce usata per mietere l'erba o i foraggi;
Fàucione:      Grande falce usata per mietere l'erba o i foraggi;
Fùrchettone:  Forcone;
Pàndosche:    Zolle di terreno, particolarmente coese;
Màstrillo:       Trappola per catturare uccelli o topi;
Tàrpino:         Talpa;
Vàlerio:   Piccolo roditore abitante sui pioppi secolari;
Scàfoncia:     Piccolo invaso creatosi sulla cima dei pioppi secolari;
Lùcia luce:       Coccinelle;
Pùgna pùgne/llardiche:   Ortiche;
Céstune:         Tartarughe terrestri;
Màlaforbice: Coleottero, con due tentacoli, a forma di piccole lame;
Martellina:      Leverismo per azionare i freni a ceppi dei carri;
Annaquata:     Vino ottenuto da vinacce diluite con acqua;
Sférrazzuolo:  Vino ricavato dalla pigiatura di diverse varietà d'uva;
Fétiente:          Erba selvatica, dall'odore nauseante;
Acquarola:       Strada di Piscinola derivante dallo scolo dell'acqua;
Pélliccielli:      Erba selvatica;
Pìchiuchio:       Ferramenta;
Màruvizze:       Uccelli simili ai Tordi;
Céntrelle:         Creste di polli;
Vàrriale:           Tipo di botte;
Vùrpessa:   Uncino per recuperare i secchi da cisterne o piscine;
Màngano:        Attrezzo agricolo per dissodare terreni dopo aratura;
Mmana/Mmane: Elemento di un filare di vite ancorato ai pioppi;
Manganiello:  Attrezzo utilizzato per sollevare i secchi dai pozzi;
Sbreglie:           Parte delle pannocchie di granoturco (graurinio);
Spùntone:    Utensile usato per sgranare le pannocchie di granoturco;
Tùdero:         Parte delle pannocchie di granoturco (graurinio), usato anche per indicare la fasciatura di neonati;
Trebbeto:          base in ferro per appoggiare i pentoloni sul fuoco;
Lùtamma:         Escrementi di animali;
Lùtammaro:  Raccoglitore di Lutamma (operatore raccolta differenziata di un tempo);
Maschio:           Gelata;
Mastrillo:          Esca metallica, per uccelli o roditori;
Mamozi:       Due statuette un tempo esistenti sopra i pilastri d'ingresso di un giardino privato di Piscinola (al Principino), oggi dispersi;
Acquazza:         Brina mattutina;
Arie (o aria): Aia, spazio di una masseria destinato alla lavorazione dei prodotti agricoli;
Ammennula:     Seme di albicocca o di mandorla
Pampuglie:       Parte di fusto di legumi, separata nella bacchiatura
Citrangulo:        Arancio amaro;
Cùlata:       Ammollo di biancheria in tini, con uso di cenere e saponi;
Féscena:      Cesto con manico, usato per raccogliere frutta, a forma di cono;
Ancilla/Ancire:Uncino di legno per appendere oggetti;
Petturale:        Finimento per cavalli;
Pellicchielle:   Pomodori tagliati a spicchi per la conservazione in bottiglie:
Frùngillo:        Fringuello, uccello;
Frùvone:         Pertica di castagno usato durante la bacchiatura delle noci ("scugnare");
Gregne:     Covoni di frumento o mais;
Samenta:   Aggettivo dispregiativo, usato per offendere una persona;
Semmenta: Semi;
Sémmentini:   Varietà di funghi, prodotti da alberi da frutta;
Tròciola:         Carrucola per pozzi o ruota di argano in genere;
Scànnecavalle: Erba selvatica;
Cùriune:         Erba selvatica;
Ugliata/ugliatella:  Erba selvatica;
Ràpestone:      Erba selvatica;
Pàlluottole:     Castagne lessate;
Pùca:              Marza per eseguire gli innesti; 
Pugna pugne:  Ortiche
Pica:            Specie di "eco" ricorrente proveniente dalla laringe durante il respiro; 
Fìcucielli:        Fichi, ancora in fase di formazione;
Fùlana:       Asticella di Pioppo utilizzata come piccolo tudore/tirante, nella potatura delle viti;
Catarozza: specie di bulbo presentato alla base di una qualità di rapa, dei quali le mucche erano golose; 
Currivo: sensazione di intolleranza, reazione a un torto subito;
Carruociolo: carrozzino per giochi, realizzato artigianalmente; 
Cassella: lanterna a olio;
Cientepelle:   Interiora bovina o suina, bollita e condita con sale e limone; 
Cucchiarotto/cucchiarone: grosso cucchiaio il legno;
Cùtolo:       Rametto di Pioppo o di Salice utilizzato come legaccio nella potatura delle viti;
Cuzzutiello: piccolo pezzo di pane, di solito l'estremità di una pagnotta;
Fìcajuolo:       Raccoglitore/venditore di fichi; 
Scàrdasse:       Attrezzo per lavorare la lana;
Càrresi:           Trasportatori di derrate con carri;
Vàrricchiali:    Trasportatori di vino con carri;
Tòrtona/tùrtella: Tralcio di vite utilizzato come legaccio/tudore nella potatura   delle viti;      
Tàppiatore:  Operatore per la riparazione dei terrazzamenti;
Tàppia;        Margine di un terrazzamento; 
Tennècchia: Elemento di un filare di vite ancorato ai pioppi;
Nocca:        Specie di fiocco fatto con nastro colorato, da applicare al collarino bianco degli studenti;
'Ncasaturo: Pertica di legno utilizzata per costipare il terreno nei rinvasi di piante;
Stìre:           Asse di legno utilizzato per impugnare gli utensili;
Sguìglio/schiuoppo:   Gemma in fase avanzata di crescita;
Spàlatrune: Fusto di Pioppo, utilizzato come sostegno delle viti;
Tàccole/tacche:  Avanzi del taglio di tronchi;
Ballerina:   Piccolo mobile con specchiera;
Ciambotta: Minestra estiva di ortaggi;
Cìocche:  Tempia;
Còveta:       Raccolto; 
Criscito: impasto fermentato, usato come lievito per fare il pane;
Cùrtellaccio:  Macete a forma dritta, per tagliare tronchi;
Cucchiarella/cucchiarotto: grossi cucchiai di legno utilizzati in cucina, termini in uso anche per indicare cazzuole per muratore;
Màrrezzola:    Macete uncinata per tagliare piccoli rami;
Mascariello: parti di agnello o capretto, bollite e condite con sale e limone. Generalmente indica parte del viso;
Miccia/surfariello: piccolo cero a base di zolfo, utilizzato per sterilizzare le botti del vino dopo il lavaggio e l'asciugatura;
Ancire/ronca:  Falcetta uncinata sostenuta da lunga pertica;
Annizza/annizzata:    Frutta che inizia a marcire;
Tréppiero/treppetiello: Scala a tre piedi di castagno;
Scàlillo:        Scala per raggiungere alberi di elevata altezza o per raccogliere ciliege, noci, uva;
Soriciaro:  Operatore dedito alla cattura di roditori nei campi;
Velanza: bilancia;
Vàmmane/màmmane:   Levatrici domestiche; 
Vessica: Vescica di maiale, un tempo usata per contenenre e conservare la sugna;
'Nnzulfatore:    Operatore per l'inzolfatura delle viti;
'Mpuosto:        Postazione, base per appoggiare botti o altri oggetti;
Spàccaturo:     Coltello per eseguire innesti;
Lavannarella: Lavandaia;
Lìmmo:       Strato melmoso che si forma sulla superficie dei liquidi o del terreno;
Lìsciva:          Soda caustica; 
Mamma zezzella: Madre adottiva o nutrice;
'Mmuniache:  Dolci a base di ammoniaca;
Murtorio:  funerale; 
Pandolfa: zolla di terreno coesa;
Pinto:   Pavone;
Pizzipaparo: boccale a punta o innaffiatoio;
Purucchiu/Puricchiuso: insetto oppure per indicare una persona avara; 
Cacciuttiello:   Cucciolo di cane;
Costa: terrazzamento del terreno, sito ai lati delle cupe o strade del quartiere; 
Costarella: piccolo terrazzamento (come "Costa");
Crastula: pezzo di piatto di ceramica o di altro materiale;
Purucchiamma: cosa fatta per economicizzare; 
Cuncimma: Concime chimico;
Cùonsolo (cùonso):  Cena offerto dai vicini, dopo il funerale, ai parenti del defunto;
Cimmenera: Comignolo, ma più propriamente indicata la cappa, ossia la campana o volta, che costituiva la prima parte del condotto di aspirazione dei fumi nei camini, nei quali spesso, però nei grossi camini, ci si poteva sedere all'interno.
Toppa d'oro:   Collana d'oro;
Vient''e terra: Tramontana;
Zàrellara:      Venditrice di nastri, spille e bottoni
Zùlfaniello:    Candelotto di zolfo usato per sterilizzare le botti;
Zuzzimma:     Sporco;
Zuzzuso:       Persona che non si lava, oppure riferito a qualcosa di sporco;
Rammaggio:  Danni, provocare danni alle colture;
Ràrogne:        Rane;
Rìroto:           Tipo di carro da trasporto di derrate;
Tòrta/Tortella: Legacci realizzati con tralci vecchi di viti, usati durante la potatura per fissarle le viti ai tronchi dei Pioppi;
Vèlanzola:     Traino di carro con tre animali da tiro (Di solito Bue, Mulo e Cavallo);
Vèlanza:        Arpione/asse in legno usato per appendere il maiale per le zampe, durante la macellazione; 
Vroccola:        Chioccia, gallina che cova le uova;
Vòzzola (Vozzolella):  Stomaco, usato anche negli animali;
Stipetto: Parte di un mobiletto da cucina;
Stìpeto: Anta di una porta o finestra;
Scàgliuozzoli: Tipo di frittura, a base di farina di mais;
Scàzzacaturo: Attrezzo utilizzato per spostare il pane del forno;
Stoppa:      Canapa, usata per sigillare oppure usata insieme all'albume per bloccare arti slogati;
Màtala (o Màttala): Contenitore in legno usato per impastare il pane;
Mammuso:     Alimento pastoso, gommosso, poco fragrante; 
Mangiaguerra:  Varietà di uva autoctona; 
Pàstone:    Pasto per maiali;
Parasacca:  Varietà di uva autoctona; 
Paccarelle: Varietà di pesche tardive;
Pìripisso:     Cappello curioso, basco alla francese;
Mammella: Madre, mamma;
Muccaturo/maccaturo:   Fazzoletto;
Tuozzo, Tozzole: Porzioni di pane; Pane diventato duro;
Varriale: botte;
Zappiello/zappelluccio: varietà di piccole zappe usate per le attività nei campi;
Zérretiello:  Brocca in creta smaltata usata per contenere il vino o l'acqua;
Pàpisso:         Farfalla di grandi dimensioni;
Papà:             Soffione, seme di Tassarico;
Pìmmicia:    Coleottero (Maggiolino), di colore verde, avente odore sgradevole, riferito anche alle ecchimosi alle dita o pulci;
Puca:   frammenti di piante di legumi secchi
Ancinetti:       Dolci locali;
Nìppolo:         Piccolo batuffolo di cotone
Memella:        Caramella;
Mìlocca:     Sostanza molle, comportamento scialbo (in senso dispregiativo);
Férrillo:         Aratro manuale;
Ferrareccia:     Ferramenta, venditore di ferro in filo;
Pàstanaturo:  Attrezzo in legno per piantare o seminare;
Pùcchiacchiello : Erba selvatica per formare insalate spesso con la Rucola (in ital. Portulanca);
Piedimonte: Treno della ferrovia "Napoli-Piedimonte d'Alife";
Màcennola:    Attrezzo per sfibrare la canapa dopo la macerazione;
Pìsciniello:    Piccola vasca nelle stalle, per raccogliere escrementi di animali;
Pàstone: Pasto per maiali, a base di avena, patate, avanzi di cucina;
Prufico: Impollinatore naturale per fichi;
Gràurinio:    Granoturco;
Rarillo: gradino; 
Casanduoglio: venditore di formaggi e latticini;
Sbàncula:      Pezzo di legno;
Scolla:      Benda usata sulla fronte per lenire l'emicrania o l'ecchimosi;
Scùgnatori:   Operatori per la bacchiatura delle noci; 
Scurriale:      Frusta per domare gli equini da traino; 
Sgaglie:  Lacerazioni ai lati della bocca, detto anche per le dicerie; 
Spiringuacchio: Segno di inchiostro stracciato su qualcosa; 
Spillone:    Grosso ago per cucire i materassi;
Sdanghe:      Assi dei carri;
Tatillo: Padre, papà; 
Zarellara/o:  Venditrice o venditore di merce assortita (merceria)
Zipeppe/cantaro:  Vaso da notte;
Zàppuliato:   Leggera zappatura o risultato della lavorazione;
Zanfrine:      Attrezzo per raccogliere o distribuire letame;
Zella, Zelluso:       Calvizie. Persona affetta da calvizie;
Mollese:        Tipo di pino che produce pinoli;
Ràsula:    Attrezzo per raccogliere i residui d'impasto nella mattala;
Ràsuliare:    Pulire i terreni da erbacce con la zappa;
Ruoto:         Pietanza prelibata cotta al forno, generalmente in una padella circolare che da essa prende il nome (es. Ruoto 'e patane, ruoto 'e stocco, ecc.);
Scùllare:    Operazione di alleggerimento di piante o frutta, per favorire lo sviluppo;
Zìppolo:       Cuneo;
Zuzullo/Zuzù:  Usato per chiamare o indicare un cane, specie ai bambini;
Vriala:          Rubinetto per botti, anche l'utensile per forare;
Vùttaro:        Riparatore di botti;
Tùmpagno:   Coperchio delle botti;
Tossa cùmmerziva: Tosse convulsa;
Vènacciaro:  Torchio per vinacce;
Vàrrile:         Tipo di botte;
Vàllenaro:     Pollaio;
Vòzzola:        Stomaco, riferito agli animali;
Appesa:         Salumi messi a stagionare;
Rivista:         Andare in cerca di noci bacchiate, nelle zone poco accessibili o impervie; 
Terramasco:  Strato di terreno formato da cenere vulcanica, particolarmente duro; 
Tùmmolo:    Tomolo, unità di misura del frumento e di altre derrate;
Tùfolo:          Residuo di granoturco;
Tùocco: Fare la conta:
Tùdariello 'e san Biase: Torroncino donato durante le feste patronali (Piscinola e Mugnano);
Trafagare:   Travasare il vino;
Trociola:  Carrucola;
Tàlle:           Parte di pianta di zucchino, da lessare;
Frustilli:      Residui della potatura di Pioppi o di alberi di frutto;
Taglia:         Solco nel terreno, usato in genere durante la zappatura;
Tàmmariello: Aggiustatore di piatti e terraglie in genere;
Tìano:    Pentola di rame, usato anche per indicare una pietanza in cottura; 
Tòrca, Torca maggiajola: Varietà di pesca;    
'Mmane 'e vite"Braccio" di vite nella sistemazione tipica, detta "a filare";      
Murtale: Mortaio;
Fucularo: Camino;   
Stùrchio:      Fusto della pianta di granoturco;
Stùmpagnare/Tùmpagnare: Operazione di apertura e chiusura delle botti;
Stùglia:        Involucro esterno della pannocchia di granoturco;
Bàsilese:     Varietà di pesca;
Brùsca e striglia:   Spazzole per pulire il mantello degli equini;
Bottamburro/minerva:    Piccoli pedardi
Spérone:             Breve tralcio di vite, lasciato per fruttificare;
Spùllecarielli (o Spùllechetielli):   Fagiolini;
Spàlatrappe:  Nastro adesivo (scotch in genere);
Spasano: Piazzale esistente presso i Regi Lagni utilizzato per essiccare la canapa dopo l'avvenuta macerazione
Spàtula:         Attrezzo utilizzato per pettinare la Canapa;
Sèrchia:         Piccola ferita alle mani, screpolatura del freddo;
Sèpe/sèparella: Terrazzanento del terreno, spesso indicata anche un margine di una cupa;
Sfasciacarrozza:    Riparatore di carri;
Còsta/cùstarella: Parte di superficie del lato inferiore di un terrazzamento;
Mezzana/mezzanella: Biglie in vetro per giochi, di dimensioni ridotte;
Martillina:   Volantino manuale presente su un carro, azionante i freni a ceppi
Nìppule:                Fiocco di cotone o lana attaccati agli indumenti;
Père:                      Albero, fusto;
Tacche:                Scaglie di legno derivante dai tagli con lame di rami d'albero, specie di pioppo
Trìebbeto:              Treppiedi per sostenere pentole;                
Spreppa/steppone: Parte di un ortaggio o di pianta;
Spàramonaco:      Attrezzo in ferro curvato, usato per centrare  i coperchi delle botti nelle loro sedi;
Sòrca:                        Solco per semina;
Sfrinnesèare:    Perdere i sensi, compiere azioni incontrollate, prossime alla pazzia;
Sévera:                      Selva, zona di terreno incolto, pieno di rovi e arbusti selvatici oppure terrazzamento; 
Severaiulo:                Lavoratore delle selve;
Scopa 'e bbrusco:      Scopa di saggina;
Scìurone:                   Fichi di primo raccolto;
Sciosciammosca:      Attrezzo usato per allontanare mosche;
Schìummare:             Stendere i panni sulle corde;
Scàrpesare:            Frollatura del mosto durante la fermentazione;
Scàtozza:                   Bulbo di rapa;
Scàrda:                      Coccio di terracotta o di ceramica;
Pàstora:                 Coccio di terracotta o di ceramica, sovente utilizzato per indicare il gioco detto "della campana";
Scànnaturo:               Coltello utilizzato per uccidere i maiali;
Ròtta/céllare:             Cantina, luogo interrato per conservare vini;
Vàvrille/ràrille:          Pergole per bacchiare i legumi o il grano;
Ràmpule:                    Ramo di albero;
Ràffia:                        Rafia usata per eseguire innesti;
Récca:                        Varietà di ciliege autoctone;
Figlie d''a Maronna:Trovatelli o ragazzi adottati dal Befotrofio   dell'Annunziata;
Ammazzuccà:             Operazione di preparazione della Canapa
Belledonne:                Varietà di pere;
Cardille:                    Erba spontanea, dalle cui teneri cime si ricava, dopo cottura, una gustosa minesta;
Quartarulo:                Piccola botte;
Palummo:                   Conati di vomito;
Pùzzaro:                     Pulitore o riparatore di cisterne/piscine;
Minerva:                    Tipo di fiammifero oppure piccolo pedardo;
Mòntese:                    Cavatore di pietre di tufo;
Mònettine:                 Varietà di pesca precocissime; 
Molaforbice:             Arrotino; 
Migliulillo: Varietà d'uva ad acino piccolo usata per colorare il mosto; 
Parasacca:   Varietà d'uva usata per la vinificazione;
Castagnara: Varietà d'uva usata per la vinificazione;
Vermenata:               Avere paura;
Prussiano:                 Vomere, aratro;
Pùla:                       Residuo della bacchiatura;
Prùpana:                    Propaggine;
Pòrca:         Porzione di terreno per mettere a dimora  ortaggi;
Pampuglie:    Particolato residuo della bacchiatura dei legumi, es. fagioli;
Pullanghella: Spiga di granoturco lessa, anche per gallinella.
Ossacane:   Porzione di terreno per mettere a dimora semi di frutta;
Papute:       Incappucciati, membri della Congrega;
Pònteca, ponteche:    Frutta acerba, tanninica;
Pigna mmolise:     Pino che produce pinoli;
Pigna pònteche:    Pino che non produce pinoli;
Pianella:     Vassoio di legno, con sponde, per far lievitare il pane;
Pésellera:    Residui secchi di piante di piselli;
Fàsolina:     Residui secchi di piante di fagioli;
Fàvara:        Residui secchi di piante di fave;
Pàtanara:     Residui secchi di piante di patate;
Vitecaglia:    Residui secchi di tralci di vite;
Pàstene:       Ampio appezzamento di terreno con alberi da frutta;
Pullana:        Pollina, concime a base di escrementi di polli;
Ova 'ngallate:   Uova fecondate;
Ruciulillo:     Foruncolo;
'Ncauzare:     Rincalzare ortaggi;
'Nzerta:          Fascio/mazzetto
Bandiera:     Quadro con immagine del santo patrono, addobbato con luci e appeso in luogo stabilito del quartiere, per annunciare i festeggiamenti patronali in programma;
Cannuccia:    Pezzi di canne per appendere il bucato;
Castagnara:   Varietà di uva da vino;
Cagliata:       Tipo di formaggio di produzione familiare; 
Cerasare:    Raccoglitore di ciliege; 
Cuòfene/cùfunature:  Recipienti per derrate;
Mùrtorio:      Funerale;
Mònte:           Cava di tufo o pozzolana, anche pozzo d'areazione;
Mezzaniello:  Fienile della stalla, soppalcato;
Màntice:        Attrezzo usato per inzolfare le viti;
Méta:              Covone di paglia in genere; 
Mezavotte:     Tipo di botte;
'Ngerare:        Formazione della spiga di grano o d'orzo;
'Nzertare/'Nzerto:  Innestare/innesto;
'Nzeccosa:  Frutta acerba, tanninica; 
'Nzeveruso: Frutta acerba;
Tùficchio:   Tappo inferiore della botte;
Màfero:      Tappo grande della botte del vino, realizzato in legno di pioppo.
Lémmate:   Piccolo sentiero tra i campi, spesso nei confini (forse deriva dal latino: limites)
Lùmmata:    Luminarie per le feste patronali;
Legnasanta: Albero e frutti di cachi;
Iunco:          Giunto, legaccio, di origine vegetale;
Gùainella:   Gioco dei ragazzi, con lanci di pietre;
Fùnella/Trezza;:     Fune sottile, per stendere il bucato;
Fùmeta:       Fumo o ambiente poco nitido;
Fureste: Si dice di animale selvatico o di animale che mostra comportamenti poco domestici;
Fùrcina:       Pertica di legno terminante con una forcella;
Frùscella:    Piccoli contenitori in vimini, per la ricotta;
Ficchi ficchi: Tipo di fuoco pirotecnico;
Granata:      Melograno o tipo di bomba per fuoco pirotecnico;
Féccia:         Morchia depositata nella fermentazione del vino;
Féligna:       Fuliggine, ragnatela;
Dìana: Fuoco pirotecnico mattutino, per annunciare l'inizio della festa;
Cùparella:   Piccola cupa, stradina con margini in rilevato, anche con sviluppo in pendenza;
Cùfunatura:  Recipiente in legno adoperato per il bucato;
Cràstula:       Frammento di piatto o di mattonella in genere;
Còtre:       Telo ricamato, nero o viola, usato un tempo per i funerali;
Cùonso/Cònsuolo: Cena offerta ai parenti del defunto;
Cìambotta:    Minestrone estivo a base di ortaggi;
Chìaccune:    Tralci di vite, in formazione;
Chìerchia:     Cerchio delle botti;
Chìuppo o chìuppete: Pioppo;
Cérnetura:     Residuo della setacciatura di cereali o altre sostanze;
Cènneraturo: Telo  per coprire il bucato;
Càvicchio:      Piccolo tappo per botte
Càterozza:      Bulbo della rapa;
Càrrato/càrratiello: Tipo di botte grande;
Càrdone:        Cardo Mariano;
Càpezza:        Armamento in cuoio per equini;
Càuraturo/càurara: Pentolone in rame;
Càpizze:         Fusto della canapa;
Cànnaturo/ cànnaturizia: di cosa che stimola la golosità;
Cànnule:        Canapa;
Cànnito:         Canneto;
Càlatura:        Propaggine di vite;
Càmpata:        Stipendio, risorse per il sostentamento;
Càcecavuoglio: Portare sulle spalle, spesso indica un tipo di gioco;
Colostro:  Primo latte di mucca, conseguente a un parto;
Cùpiello:  Piccolo tino per contenere il vino o il pasto degli animali; 
Cutogne:    Cotogne
Béllella:     Varietà di pesca; 
Torca 'e Maricella: Varietà di pesca che prese il nome della selezionatrice, soprannominata "Maricella"; 
Tuficchio:    tappo piccolo della botte, realizzato in legno di pioppo;
Pesca Mimì del FornoVarietà di pesca che prese il nome del selezionatore "Domenico Del Forno"; 
Treppetiello: scaletto a tre piedi;
'Ntonio 'o riccio: Varietà di pesca;
Langella: Otre antica;
Paccarelle:  Varierà di pesca, tardiva; l'alberello usato come portainnesto per altre varietà di pesco ("Franco");
Piripisso:    Tipo di cappello, detto "a Basco";
Pizzipapere: Tipo di boccale o innaffiatore per giardino;
Belledonne:   Varietà di pera; 
Cosce 'e Firenze: Varietà di pera;
Mastanduone: Varietà di pera;
Bellelle: Varietà di pesca, tardiva:
Ciocche cardinale: Varietà di susina;
Pappagona: Varierà di prugna;
Pitulana:  Varietà di pesca gialla;
Bùverone:      Tipo di fondazione per muri;
Nataline: Varietà di fico;
Fiche 'e San Giuvanne: Varietà di fico, a due fruttificazioni;
Trojane: Varietà di fico;
Allardate: Varietà di fico;
Bùbbazza:    Intruglio di cose non specificate, spesso usato in senso dispregiativo;
Bùttone:            Gemma;
Brustulaturo:    Attrezzo usato per torrefare l'orzo o il caffè; 
Arilla:         Semi di uva; termine usato spesso per indicare vivacità oppure il grillo;
Arricettare/ricietto: Pulizia/pulire, spesso usato per indicare la morte di qualcuno;
Archetiello (festa dell'): Sagra celebrata a Miano, presso la chiesa della Madonna dell'Arco;
Anemella:          Interiora di animale
Arie:   Aia, piazzale interno alle masserie per eseguire lavorazioni;
Abbrustuliato:   Bruciato, tostato;
Anfolla:             Piccola anfora, per conservare l'acqua;
Abbascio:          Zona del territorio in depressione.

 
Speriamo che questa piccola trattazione stimoli la curiosità e l'interesse soprattutto delle giovani generazioni, attuali e future, auspicando che essi continuino e implementino il lavoro di ricerca svolto e, soprattutto, conservino queste tracce antropologiche del territorio, quale valore culturale appartenenti alla storia della loro terra di origine.

Salvatore Fioretto
 
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N.B.: Le foto riportate in questo post sono state liberamente ricavate da alcuni siti web, ove erano pubblicate. Esse sono state inserite in questa pagina di storia della città, unicamente per la libera divulgazione della cultura, senza alcun secondo fine o scopo di lucro.