sabato 19 ottobre 2013

Una vita qualunque, al Cape ‘e Coppe!


..."Va’ a comprare i broccoli da Ciurella”, mi diceva mia madre quando avevo appena otto/nove anni. “Mammà, non ci voglio andare. Ho paura”, rispondevo; “Fila o ti faccio assaggiare la cucchiarella”, mi minacciava mamma che non tollerava i capricci.
La campagna di Ciurella si trovava proprio di fronte alla casa in cui abitavo, in via Vittorio Emanuele 41 B, ed era curata dai suoi tre figli, Natale, Raffaele e Michele; i primi due erano grandi e grossi, mentre Michele era esile e silenzioso. Questa famiglia di agiati contadini viveva in un vecchio, misterioso e buio palazzone al largo Don Carlo dove c’era una fontana pubblica da cui tutti gli scugnizzi della zona spruzzavano acqua addosso ai malcapitati passanti. Strane storie si raccontavano intorno a questo palazzo, storie di fantasmi e perciò, tutte le volte che mi ci mandavano a comprare le verdure, tremavo di paura;  ma mi toccava andarci per amore o per forza: aprivo il grande cancello, attraversavo il lungo e solitario cortile, sperando di trovare alla svelta la vecchia nell’aia; ma, spesso, Ciurella era su, in casa, e mi toccava andare a chiamarla al piano superiore, salendo le larghe scale, scabre e tenebrose, con il cuore che mi batteva all’impazzata, mentre mi aspettavo di veder apparire chissà quale mostro. Di Raffaele e di Natale si diceva che avessero praticato la boxe per un certo periodo, spinti da “intenditori” che ne apprezzavano la stazza e la forza, ma che l’avevano lasciata quando uno di loro due, per il terribile dolore causato da un pugno, addentò l’orecchio dell’avversario! Eppure con il loro campo erano gentili e premurosi e mi sembrava strano che potessero spaventarmi delle persone capaci di avere un rapporto quasi filiale con la terra e di far nascere come dal nulla delle cose buone e belle. Più tardi, i due si sposarono e, osservando le loro mogli che mi sembravano delle normali massaie come tutte le altre del quartiere, mi convinsi che la famiglia di Ciurella non nascondeva alcun terribile segreto e che ero stata suggestionata dai racconti ascoltati le sere d’inverno, intorno al braciere, che parlavano di monacielli e belle ‘mbriane. Allora, finalmente, vidi per quelli che erano Ciurella, Raffaele, Natale e Michele; vidi una vecchietta che non era mai stata al centro di chiacchiere e pettegolezzi e che, da sola, aveva tirato su tre figli decorosamente; e vidi tre ragazzoni che non si erano mai concessi uno svago, legatissimi alla madre, onesti lavoratori, senza grilli per la testa.
AnnaMaria Montesano
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Palazzo seicentesco di Piscinola, chiamato "Don Carlo" (o Carlos). Il palazzo di "Ciurella" aveva l'ingresso sul lato destro di questo palazzo, purtroppo è stato demolito durante il programma di "Ricostruzione del dopoterremoto del 1980".

venerdì 18 ottobre 2013

Un vita per la pace... Gabriele Moreno Locatelli (edizione straordinaria)

In edizione straordinaria, ricordiamo una persona che è stato tra noi e ha dato la sua vita per un ideale di pace, nel corso di una guerra scellerata e ingiusta, scoppiata nel cuore dell'Europa venti anni fa, questa persona si chiamava Gabriele Moreno Locatelli. Fu per molti anni frate minimo della comunità del Frullone, con il nome di fra Gabriele.
Locatelli è morto per un gesto di profonda coscienza civile: vi partecipò per portare in salvo eventuali feriti. Non lo hanno dimenticato i cittadini di Sarajevo che gli hanno voluto dedicare una piazza, dopo una petizione popolare, a pochi metri da Vrbanja.


L'Associazione "Noi e Piscinola", in collaborazione con il Teatro Area Nord di Piscinola, ha organizzato un evento in memoria di Gabriele Moreno Locatelli. Fra Gabriele, come lo chiamavano in molti, ha frequentato molti giovani del quartiere di Piscinola e dintorni. 
Quindi Sabato 19 ottobre, alle ore 18,00, presso la Cappella "Madonna del Soccorso" annessa al Palazzo seicentesco dei principi DE LUNA a Piscinola (parte alta di Via Vittorio Emanuele), ci sarà una celebrazione liturgica in suo ricordo. Alle 19,00, invece, presso il Teatro TAN, a due passi dalla Cappella, sarà proiettato un film che narra la vicenda di Gabriele Moreno Locatelli a Serajevo: un Film con la regia di Giancarlo Bocci, che sarà presente alla proiezione. Saranno presenti anche alcuni degli amici di Gabriele, che verranno a Piscinola da tutta Italia. 
L'ingresso al teatro è gratuito. 

Salvatore Fioretto

Ecco un ritratto in scrittura, di chi lo ha conosciuto bene:


Caro Gabriele Moreno,

Siamo ancora qui, a vent'anni esatti dal momento in cui sei stato colpito su questo ponte. Alcuni di noi non ti hanno conosciuto, hanno solo sentito parlare di te. Non è la tua morte violenta e non voluta che ci ha portati qui, ma la tua vita, per quello che nelle varie tappe della tua ricerca continua hai cercato di esprimere. Hai camminato tanto a piedi scalzi. Avevi imparato a incontrare le persone partendo dai piedi. Una solidarietà la tua, che era da subito condivisione e camminare insieme. Era anche denuncia a fianco di tutti i senzascarpe, i meno dotati e meno fortunati nella vita. Eri particolarmente attento e tenero con i bambini più sfortunati.

Tu sei stato ucciso; ma qui a Sarajevo – come per Tonino Bello e altri che qui in Bosnia hanno consegnato la vita – hai consumato la tua ricerca appassionata, il senso profondo del tuo esistere. La tua solidarietà era diretta, concreta, di persona, senza misura e senza esibizionismi. Si direbbe che eri l'antieroe per eccellenza.

E' stato il tuo ultimo esporti per sapere della sorte degli altri amici che erano con te su questo ponte, a permettere di essere centrato dal cecchino che ha sparato. Il tuo ultimo grido lancinante, che si è unito a quello di tutti coloro che sono stati colpiti. L'urlo contro la guerra, la più grande ingiustizia contro le persone e i popoli; ma anche il grido di chi crede che non c'è una vita solo dopo la morte, ma una vita che viene espressa al sommo grado con la morte stessa. Su questo ponte stavi esprimendo la tua fedeltà agli amici, la solidarietà alla popolazione di Sarajevo tenuta in ostaggio dalla guerra. Non le parole, ma la tua persona e il tuo camminare, il trovarti su questo ponte dice quanto è stata profonda e diretta la ricerca e la determinazione per la pace.

Piedi scalzi, condivisione, giustizia e pari dignità per le persone e per i popoli, impegno diretto a costo vita per la pace nella  concretezza del quotidiano: non sono metafore, ma l'orizzonte che è aperto per ciascuno di noi. E' quanto attende tutta l'Umanità, Terra compresa. Per questo, senza retorica, crediamo anche noi in questo momento, “Gabriele Moreno vive”.

                                                               don Albino Bizzotto

                                   Presidente, Beati i costruttori di pace

 
Il punto del ponte dove fu ucciso dai cecchini





giovedì 17 ottobre 2013

Angolo poetico del Venerdi: L'omaggio di Avitabile a Marianella e a S. Alfonso.


 


L'angolo poetico di questo venerdi è dedicato al grande artista Enzo Avitabile, per il concerto che ha tenuto a Marianella, il 27 settembre scorso,  dedicato al suo quartiere e a Sant'Alfonso de Liguori, in occasione dell'anniversario della nascita del grande Santo. Grande affluenza di pubblico e bellissimo spettacolo di Enzo!
All'artista e alla sua produzione musicale, dedicheremo prossimamente un ampio articolo nel blog. 
Salvatore Fioretto





lunedì 14 ottobre 2013

La villa romana di Scampia: tra storia, aneddoti, cunti e leggende…!

La storia della villa romana
I resti archeologici presenti nella zona meridionale del quartiere di Scampia appartengono a una villa rustica romana, datata tra il I e il II secolo d.C. Prima dello sconvolgimento del territorio agricolo, si poteva incontrare questo manufatto pervenutoci dall'antichità, lungo la strada di campagna detta “del Cancello”, che collegava l’antico Casale di Piscinola alla strada consolare proveniente da Capua. La sistemazione attuale risale alla costruzione del sistema viario del nuovo rione Scampia, avvenuta alla fine degli anni ‘70, adattando la sua posizione, in mezzo allo spartitraffico di Via Tancredi Galimberti, con realizzazione di aiuole e la piantumazione di alberi e cespugli. 

Questo rudere un tempo aveva a corredo una grande cisterna interrata, che fu purtroppo demolita in occasione della costruzione della strada.
La conformazione delle mura e la presenza di un piccolo ambiente termale hanno fatto supporre agli studiosi che essa fosse stata abitata dal proprietario del fondo, molto probabilmente un veterano romano, a cui era stata affidato un vasto appezzamento di terreno, che allora circondava la struttura. Alcune testimonianze raccolte dagli anziani contadini, parlano di residui di mosaici e di pezzi di intonaco affrescati a tinta blu, che giacevano nei suoi ambienti, almeno fino agli anni ’60 del secolo scorso; indizi che lasciano presagire che il proprietario di questa villa rustica appartenesse ad una classe di gens agiata. La villa ha subito sicuramente un’antica ristrutturazione, forse già da parte del primo proprietario, con sopraelevazione del pavimento di quasi un metro. Forse la sopraelevazione fu resa necessaria a seguito dei continui allagamenti, cui la zona sarebbe stata interessata durante eventi meteorologici avversi. Si notano anche segni di ampliamenti eseguiti in epoche diverse.

La struttura conservata potrebbe essere solo una parte di una realtà abitativa ben più estesa, infatti alcuni testimonianze raccontano che all’epoca della costruzione del “Rione 167 di Secondigliano” (così si chiamava all'epoca Scampia), nell’area di fronte al sito in parola, sarebbero stati rinvenuti altri resti antichi e molte tombe di una vasta necropoli osco-romana, con la presenza di alcuni resti di assi viari. Queste fonti orali non sono state, purtroppo, mai suffragate dal ritrovamento di relazioni scritte o da foto. Sappiamo però che alle epoca degli espropri e degli sbancamenti della zona, alcuni circoli culturali del territorio di Piscinola e di Marianella, impegnati socialmente per salvaguardare le testimoniante antiche del quartiere, organizzarono con dei ragazzi delle "ronde" di ispezione e di sorveglianza archeologica nel territorio, per prevenire scempi e depredazioni, ma riuscirono a scongiurare ben poco, difatti molte effrazione e asportazioni risultarono state compiute notte tempo, specie dagli immancabili “tombaroli”.
Questo rudere di Scampia è riportato persino nelle mappe antiche, in particolare nella mappa del Valmagini del 1834, e in quello della Real Officina Topografica del Regno di Napoli, anno 1807, nelle quali è rappresentato un piccolo manufatto, con sopra la scritta sintetica di "Casa Vecchia". Nella nostra zona troviamo altri esempi di architetture simili, come la “villa di Marianella”, situata in via Cardovito, che risulta in gran parte ancora da scavare.
E… chi pensò ad un ipotetico acquedotto romano…!

La presenza di queste rovine ha da sempre suscitato interessi e dubbi nel mondo della cultura, alcuni scrittori del XIX secolo ipotizzarono che esse fossero degli avanzi di un possibile acquedotto romano, diverso da quello dei Ponti Rossi o di un’opera idraulica dell’antichità ancora tutta da scoprire. Infatti il canonico Andrea de Jorio, nella sua opera “Indicazioni del più rimarcabile in Napoli e contorni”, pubblicata nel 1835, cosi si espresse: “[…] Come questo sospetto porterebbe l’idea di altri condotti superiore di livello a quello di Ponti-rossi. E dai quali l’acqua si sarebbe immessa in quello della grotta di Pozzuoli, e da questo negli altri, così si dovrebbero esaminare i tanti ruderi di simile natura che esistono in Piscinola, sopra Capo di Monte, e nelle alture di Pianura, tutti di un livello assai più elevato di quello dei Ponti-rossi.” 

La scoperta del cacciatore…

Si racconta che un giorno un cacciatore della zona, che si recava in questi luoghi per il suo diletto di caccia, ad un certo punto si accorse che il suo cane era scomparso...  Cominciò quindi a cercarlo in tutta la zona. Ad un certo punto udì il cane abbaiare da lontano e con sommo stupore scoprì che la povera bestiola si era cacciata in fondo a una specie di grotta, come giudicò in prima istanza quella cavità. Era così profonda la grotta che il cane non riusciva a risalire in superficie. Egli non si perse d’animo e chiese subito aiuto ad alcuni contadini del fondo e, per recuperare il suo fido, si fece calare nell’anfratto, legato a un corda di canapa. Giunto in fondo alla cavità poté constatare, con meraviglia, con l'aiuto di una torcia, che quella non era una grotta ma una cisterna antica, infatti le pareti erano tutte realizzate con intonaco idraulico e, per quanto si poteva vedere, con muro in opus reticolatum. Da quella scoperta la cisterna rientrò nell'inventario collettivo degli abitanti di Piscinola e delle masserie sparse nei suoi dintorni, alimentando leggende e cunti fantastici...alcuni dei quali sono nel seguito riportati.
La leggenda della “Casa dei serpenti

Il rudere era detto anche “Casa dei serpenti”, per lo stato di abbandono in cui versava e per la presenza di rovi e di tane di serpenti al suo interno. Un alone di mistero ha sempre aleggiato intorno a queste vestigia, con leggende tramandate di generazione in generazione. Una di questa è da ricondursi al fatto che la cavità presente al suo interno veniva utilizzata dalla gente per sopprimere i cani randagi o con sospetta rabbia. Infatti, una volta che venivano qui gettate, le povere bestiole non potevano più fuoriuscirne e morivano di fame e di sete. Queste perciò ululavano e abbaiavano per giorni interi. I loro “lamenti” venivano interpretati dai bambini, ma anche dagli adulti, come voci di fantasmi e di entità misteriose. I bimbi ascoltavano queste leggende, non senza paure e timori, credendo nella presenza di fantasmi o “spiriti”, come qui vengono ancora chiamati! A volte i genitori, per tenerli a bada o per sedare qualche incombente capriccio, minacciavano di potarli nella casa dove c’erano i serpenti e gli “spiriti”. I bambini ovviamente smettevano immediatamente le loro birichinate...!
Un rifugio di guerra… 
In occasione della prima guerra mondiale, si sa che i giovani "chiamati alle armi" o in congedo provvisorio, si rifugiarono nella cavità presente al suo interno, per nascondersi e sfuggire alle perquisizioni dei Carabinieri, che andavano in giro alla ricerca dei disertori di guerra.
La leggenda del  “Serpente cu’ ’a calamita...!”
Si racconta che nella “casa dei serpenti” un tempo avesse trovato ricovero e vi dimorasse uno straniero vagabondo, forse di origine greca o indiana e che costui avesse con sé un serpente. Questo serpente, secondo l’immaginario popolare, aveva qualcosa di sovrannaturale, forse di magico! Si racconta, infatti, che avesse la facoltà di ipnotizzare con lo sguardo le persone, un po’ come fa una calamita bloccando gli oggetti di ferro! Per questo potere, il serpente fu soprannominato “‘O serpente cu’ ’a calamita”. Alcuni sostengono che il rettile avesse le corna, oppure le lenti. E’ molto probabile che lo straniero fosse un girovago o un circense, che guadagnava qualche soldo esibendo nelle feste la “danza del serpente”. Come pure è attendibile che questo serpente fosse un cobra e ciò spiega l’attribuzione degli occhiali. La forma del rettile e il suo modo di porsi in posizione eretta, che fissa le persone, sicuramente all’epoca avranno attirato la fantasia e la curiosità dei popolani. Spesso le madri ammonivano i pargoli a non allontanarsi troppo dal loro sguardo vigile, ricordando il “serpente cu’ ‘a calamita”...!
Il rudere romano, simbolo di Scampia di ieri e di oggi… 
Questo antico rudere ha fatto da cornice ad avvenimenti svolti negli ultimi decenni nel rione Scampia, ma è anche stato oggetto di opere letterarie e romanzi. Vide sfilare, lungo la strada che lo costeggia, il corteo papale, quando il beato Giovanni Paolo II volle qui recarsi nel suo viaggio pastorale del novembre del 1990, esortando alla speranza gli abitanti di Scampia e per consacrare il rione alla Madonna della Speranza. Nel campo della letteratura alcune opere recenti hanno avuto per oggetto proprio queste vestigia dell’antichità. Nel 2012 lo scrittore Salvatore Tofano ha ambientato un racconto del suo libro, dal titolo “Scampia, la vela che non voleva morire”, vicino a questo monumento,  nel 2013 Luigi Sica, nel suo libro “Il borgo perduto”, (entrambi i libri sono stati editi da Marotta&Cafiero), ha riportato la storia della scoperta del cacciatore, mentre chi scrive ha inserito i due cunti del “Serpente cu a calamita” e de “La casa dei serpenti” (racconti ispirati dai ricordi di Pasquale di Fenzo), nel saggio “Piscinola, la terra del Salvatore” ed. Boopen, 2010.
Siamo del parere che i resti della villa rustica romana andrebbero adottati quale simbolo del nuovo Quartiere Scampia, che rinasce dalle ceneri del vecchio "Rione 167" contraddistinto dalle effimere e tristi immagini delle "Vele", perché essi rappresentino, invece, un legame storico con il passato e un caposaldo generazionale che resiste e sopravvive alle avversità del tempo e degli uomini…!
Salvatore Fioretto 
(Tutti i diritti per la pubblicazione dei testi del blog sono riservati all'autore, ai sensi della legislazione vigente)

(Versione integrale dell'articolo da noi pubblicato di recente su un giornale locale)