venerdì 15 marzo 2024

I feudatari del Casale di Marianella, dal 1391...

Il Duca di Marianella, don Antonio Barrile
Della storia e delle vicende degli antichi e nobilissimi Casali di Napoli abbiamo già dato ampio spazio alla trattazione nei tre post pubblicati nei mesi scorsi, oggi ritorniamo sul tema per dedicarci alla descrizione più particolareggiata, esaminando l'excursus storico che riguarda uno dei Casali più vicino al nostro territorio, quello di Marianella, divenuto celebre, non solo per essere stato il feudo di importanti famiglie nobili "di piazza" della Capitale del Regno, ma anche la dimora, per la villeggiatura e lo svago, di altre famiglie nobili che non furono feudatarie di esso, come la famiglia De Liguori.

Procediamo in ordine cronologico, in base alle notizie storiche recuperate, precisando che l'elenco a tutt'oggi è parzialmente incompleto, perchè argomento ancora oggetto di ricerche e di approfondimenti storici. Ma come sempre facciamo, man mano che recupereremo altre notizie, nel tempo che seguirà, provvederemo ad aggiornare questo post. 


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Stemma famiglia Grisone

Famiglia Grisone (dal 1391)

-  Don Angelo Grisone, figlio di Leone, ricevette in dono, già dall'anno 1391, dal Re Ludovico d’Angiò, le baronie di Marianella, Calvi e Carinola. Angelo Grisone fu creato Luogotenente della Camera e sposò Antonia, la figlia di Cola d'Alagni, e sorella della celebre donna Lucrezia Romana.


Famiglia Carafa della Stadera (dal 1561)

Stemma famiglia Carafa della Stadera

   Don Giovan Tommaso Carafa della Stadera, conte di Ruvo, con atto del 27 giugno 1561 diventò Barone di Marinella. Per conoscere altre notizie storiche riguardanti questa nobile famiglia, marchesi di Marianella, rimandiamo il lettore alle vicende raccontate nel precedente post pubblicato:

 

 

Famiglia  Vitagliano  (prima del 1600?)

Don Scipione Vitagliano, probabilmente, come risulterebbe da alcune fonti storiche, fu barone di Marianella
Stemma famiglia Vitagliano
, prima dell'anno 1600. Fu tra l'altro anche barone di Ginosa, Pamarico, Auletta. Carinola, Montescaglioso. Tuttavia il patronato di questa famiglia su Marianella è ancora oggetto di approfondimento.




Famiglia Sanseverino (dal 1595)

Stemma famiglia Sanseverino

Don Francesco Sanseverino,  già Barone di Càlvera, per lascito dell'avo paterno Francesco Teodoro Sanseverino, sappiamo che "nell'anno 1595 comprò la Terra di Marianella presso Napoli". Impalmò con nozze la nobildonna Caterina Caracciolo dei Signori di Marsicovetere.

   Donna Porzia Sanseverino ereditò alla morte del genitore una parte dei beni, divenendo Baronessa di Càlvera e Duchessa di Marianella. Nell’anno 1640 sposò don Francesco Sanseverino, Duca di San Donato, Barone di Policastrello e di Roggiano. Quest'ultimo morì assassinato il 10 agosto 1648.      
 

 

Stemma famiglia Barrile

Famiglia Barrile (dal 1635)   

Don Antonio Barrile, già signore delle terre lucane dell'Accettura, Gorgoglione, Spinoso e Guardia Perticara, già componente dell'Ufficio di Segretario del Supremo e Regio Collaterale Consiglio del Regno di Napoli,  acquistò nell'anno 1635, il titolo di duca di Marianella, mentre ereditò dal padre: Caivano e Sant’Angelo. Alla sua morte i beni passarono in eredità alle due figlie, Silvia e Vittoria. A Donna Silvia Barrile passò, quindi, il Principato di Sant’Arcangelo, il ducato di Marianella e quello di Caivano.

 

Famiglia Spinelli Barrile (dal 1662)

  Don Tommaso Francesco II Spinelli, già Marchese di Fuscaldo, Signore di Guardia, Pantano e San Marco e Gran Giustiziere del Regno di Napoli dal 1684, Principe di Sant'Arcangelo, sposò in prime nozze, nell'anno 1662, Donna Silvia Barrile, che come si è visto era principessa di Sant'Angelo, duchessa di Caivano e di Marianella. Alla morte prematura di quest'ultima, avvenuta nell'anno 1672, Don Tommaso Francesco ereditò gli interi feudi portati in dote dalla moglie. 

   Da questo momento, con la morte della principessa Barrile, il feudo di Marianella, assieme agli altri titoli, furono ereditati dai primogeniti della famiglia, che prenderanno il patronimico di entrambe le Casate: Spinelli e Barrile, secondo una successione cronologica:

   Don Giovanni Battista Spinelli Barrile, nato nell'anno 1666. Dal 1689 ricoprì la carica di Gran Giustiziere del Regno di Napoli. Morì nel 1696.

  Don Tommaso Francesco Spinelli Barrile, nato nel 1689. Dal 1696 ricoprì la carica di Gran Giustiziere del Regno di Napoli. Nell'anno 1708 sposò Donna Carlotta Spinelli Savelli, figlia del Principe di Cariati. Morì nel 1768.


Don Tommaso Spinelli Barrile, nato nell'anno 1743; fu anche lui Gran Giustiziere del Regno di Napoli fino alla soppressione dell'ufficio avvenuta nell'anno 1806. Nell'anno 1772 sposò Donna Eleonora Caracciolo, figlia del Duca di San Vito. Morì nell'anno 1830.

   Don Gennaro Spinelli Barrile, nato nell'anno 1780. Nell'anno 1808 fu nominato Maestro delle Cerimonie del Re Giuseppe Bonaparte. Fu nominato ancora Ministro plenipotenziario del Re Gioacchino Murat al Congresso di Vienna, Inviato straordinario a Vienna nel 1820, Ministro degli Esteri e Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno delle Due Sicilie nel 1848. Nel 1803, sposò sua cognata Donna Cristina Spinelli Savelli, Principessa di Cariati, Duchessa di Seminara e Contessa di Santa Cristina e Oppido. Morì nell'anno 1851.

 
Dopo l'abolizione dei Sedili, nell'anno 1800, per disposizione del re Ferdinando IV, la famiglia Spinelli, come le altre famiglie citate, furono iscritte nel "Libro d'Oro della Nobiltà napoletana", tuttavia i componenti della famiglia Spinelli continuarono a fregiarsi del titolo di "Duca di Marianella", assieme agli altri titoli detenuti.
Con l'avvento della dominazione Napoleonica, Marianella fu tra i primi Casali a diventare "Villaggio" di Napoli e ad essere annesso al quartiere napoletano di San Carlo All'Arena, già nell'anno 1809. Seguiranno dei brevi periodi, dopo l'avvenuta Restaurazione Borbonica, quando Marianella assieme a Miano, divenne Comune autonomo, ma con l'Unità d'Italia essa fu definitivamente inglobata nella futura "Grande Napoli", come avvenne per Piscinola (1866) e per tanti altri ex Casali.

Salvatore Fioretto 

Antica stampa, intitolata: il Duca di Marianella

domenica 10 marzo 2024

Quella caserma al centro del piccolo Borgo, stretta dalla umanità della sua gente...! I ricordi di guerra di Francesco Coppoletta

L'altro giorno abbiamo ricevuto questa bella testimonianza scritta dal sig. Coppoletta di Catanzaro, che pubblichiamo oggi in Piscinolablog, con molto piacere.

 

 

 

 

 

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"Il mio papà, Coppoletta Francesco, era nato a Sellia (Cz) nel 1920. Fu chiamato alle armi a Gennaio 1941 con destinazione il "Decimo Centro Automobilistico di Napoli", allora di stanza a Piscinola, dove arrivò il giorno dopo.
L'edificio che ospitava la caserma era la scuola Torquato Tasso, che era stata requisita per l'entrata in guerra dell' Italia. Ma a novembre dello stesso anno venne ricoverato presso l'ospedale di Napoli, a seguito di un infezione ad un orecchio.
Dimesso, venne assegnato ai servizi sedentari in modo permanente, con compiti anche di attendente, sempre all'interno dell'autocentro di Piscinola.
Il soldato Coppoletta Francesco (a dx) con il fratello

Per questo venne chiamato spesso ad intervenire per prestare soccorso, insieme ai suoi commilitoni alle vittime dei continui bombardamenti, che le forze aeree Anglo-americane effettuavano sulla città di Napoli e zone limitrofe.
A marzo 1943 venne anche chiamato al soccorso dei feriti e al recupero dei tantissimi morti e dei corpi dilaniati, causati dall'esplosione della nave Caterina Costa.

La nave era ormeggiata nel porto della città, ed era in attesa si salpare verso il nord Africa, carica di armamenti e carburante.
Subito dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, per sfuggire ai rastrellamenti dei tedeschi, grazie all'aiuto di una famiglia piscinolese che abitava ne pressi della caserma, e di cui parlerò piu avanti, venne nascosto nel soffitto della loro casa, inoltre trovo' rifugio anche in alcuni fienili delle campagne circostanti Piscinola; così, grazie a loro, che  mio padre si salvò dalla morte o dall'internamento nei lager.
Cartolina: Edificio Tasso trasformato in Caserma (collez. famiglia Barbero-TO)

Dopo pochi giorni pensò di tornare al suo paese in Calabria, avviandosi a piedi e usando mezzi di fortuna, evitando le strade più battute.
Nel mese di novembre dello stesso anno, quando ormai Napoli era stata liberata, si ripresentò al "555 Deposito di Napoli" dove rimase fino al 31 dicembre.
Nel gennaio 1944 fu trasferito al "250 Deposito" della stessa città, dove rimase fino al 20 novembre 1945, insieme alle truppe americane.
Mio padre parlava poco di tutto quello che aveva visto e vissuto, soprattutto dei poveri corpi umani dilaniati dalle bombe, che doveva raccogliere per le strade di Napoli dopo i bombardamenti, o delle condizioni gravissime dei feriti che trasportava in ospedale.

Ma anche della fame e della miseria che la popolazione civile era costretta a subire quotidianamente.
Nonostante ciò la sua più grande soddisfazione è stata sempre quella riferita alla grande solidarietà ed amicizia che aveva ricevuto da tutti i napoletani ed in particolare dai piscinolesi.
In maniera particolare aveva stretto forti legami di affetto, riconoscena ed amicizia, con la famiglia Maglione Giuseppe, con la moglie Carmela, e con la mamma di quest'ultima, che fu proprio quella che lo nascose nel soffitto di casa, mettendo a rischio la sua stessa vita.
Prova ne fu che anche dopo la fine della guerra, continuarono a vedersi e a volersi bene, scambiandosi visite reciproche. Ciò a testimonianza che anche la guerra può generare affetti e sentimenti forti e duraturi. Dopo la morte di mio padre sono andato a Piscinola due volte, per vedere alcuni di quei luoghi e quella caserma che ospito' mio padre, allora giovane e pieno di tante speranze e di tanta forza e coraggio.
Da essa tornò con l'animo e la mente trasformati, ma mise su famiglia vivendo una vita semplice ma piena sempre di tanta dignità.
Oggi quella stessa caserma che ospitò tanti di quei ragazzi, è un po' silenziosa, adibita ad uffici comunali ed altri impieghi.
Di mio padre, allora ventenne, a me rimane una foto, trovata per caso, che lo ritrae insieme a suo fratello marinaio, scattata proprio davanti al suo cortile.
Forse non basta!!!! ma è sempre nel mio cuore."
Nicola Coppoletta
 

Pubblicare questa commovente testimonianza pervenutaci dal sig. Nicola, che ricorda un pezzo della vita del suo papà militare a Piscinola, nel corso della seconda Guerra mondiale, è stato per me motivo di orgoglio, perchè ricorda diversi episodi che mi raccontava anche mio padre.
Mi ha colpito la sua sensibilità e soprattutto il fatto che a distanza di oltre 80 anni da quelle vicende, egli cerca ancora di ritrovarsi in quei luoghi vissuti dal padre, oltre per il ricordo, anche in segno di riconoscenza  e  di ringraziamento verso le persone che hanno aiutato e fatto sentite a casa propria il suo caro papà.
Spero che le pensone che leggeranno
questo articolo e soprattutto i giovani di oggi, si sentano orgogliosi dei loro nonni e antenati, che oggi non ci sono più, i quali, come si è dimostrato, hanno dato esempio di grande umanità, soprattutto nei momenti di grande sofferenza e di privazioni, quali sono stati il periodo bellico e postbellico.
Il mio grazie va al carissimo sig. Nicola, per la sua bella e sentita testimonianza!

S. F.


domenica 3 marzo 2024

Il Baseball a modo nostro.... 'O ghiuco d''e "Sette Pètre"! (Di P. Di Fenzo)

Uno dei giochi che i ragazzi piscinolesi amavano fare un tempo era il gioco delle "Sette pètre" (ovvero delle Sette Pietre), forse perché, come tutti i giochi della mia fanciullezza (parlo degli anni '50), non c'era bisogno di avere giocattoli particolari, ma si giocava con quello che si riusciva facilmente a trovare in giro: fosse una pietra, un ramo a forma di forcina, degli elastici ricavati dalla camera d'aria di una bicicletta o  di stracci vecchi accartocciati per  formare una palla...
Per giocare alle "Sette pètre" occorrevano, appunto, sette pietre levigate, meglio se erano ricavate da "crastole d''e riggiole" (cocci di piastrelle); occorreva poi una palla non molto grande, ma abbastanza pesante. Questa si costruiva facendo arrotolare degli stracci, tenendoli poi ben stretti tra loro, con ausilio di una molla (realizzata, anch'essa artigianalmente, riutilizzando delle inservibili camere d'aria di biciclette
, pazientemente tagliate a strisce); cosi, con un po' di pazienza e con tanta approssimazione, si riusciva a realizzare una pallina, vagamente assomigliante a quelle del Tennis o del Baseball, almeno per le dimensioni...